Non perdere l’occasione di vestire i colori della tua squadra del cuore e di possedere un pezzo di storia del calcio. Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Città di Varese. La punizione è proiettile che taglia la nostra difesa impietrita, Seeler schiaccia di pelata, il pallone affonda sul prato poi schizza ancora su, verso l’incrocio dei pali. 21′ – Dopo uno scambio tra Ruggeri e Dragoni, cross dal vertice destro dell’area di Maspero che trova Ghisalberti sul secondo palo: tentativo di assist rasoterra intercettato dalla difesa sondriese. Il secondo kit dell’Italia ripropone gli stessi colori, ma con una diversa distribuzione. Mentre nessuno di voi si è soffermato, mai, sui sessantasei secondi più lunghi della mia vita, dalla merda al cielo in poco più di un minuto: la semifinale con la Germania viaggiava lenta incontro al fischio finale, mancavano sì e no dieci minuti, al termine del secondo tempo supplementare.

Mi tagliano lo sguardo i nervi di Riva, Vogts gli spintona addosso, quando sbircio, per un attimo, alla mia sinistra. Il pallone muta direzione, quasi un soffio di vento, maglia lazio 2025/26 verso la mia sinistra. Portare il mio bagaglio di conoscenze nel campo dell’editoria e la mia esperienza nel settore dell’illustrazione è sempre un piacere e m fa capire quanto serva a loro per avere un’idea più chiara su un lavoro che viene quasi considerato un hobby nel nostro apese. La coda dell’occhio inquadra la mole bianca e ferita di Beckenbauer, il suo braccio al collo chiude l’angolo alla mia destra. Maier è appostato ma va in confusione, decolla verso l’angolo opposto e lontano, poi si avvede dello sbaglio, digrigna gli occhi, tende la sua zampa verso la sfera, forse la sfiora con il fango rimasto aggrappato ai tacchetti. Poi la sorpresa si fa sgomento, mentre le maglie della rete si spalancano in una risata beffarda prima di accogliere la sfera nelle loro trame materne.

Davanti a me, la rete dei tedeschi si fa sempre più grande: è per sbranarti meglio, abatino mio! Devo assolutamente rimediare. Ai tedeschi che si abbracciano, agli azzurri che interrogano il cielo senza trovare un perché, al pallone ancora a centrocampo. Le ultime istantanee della sua inimitabile carriera, conclusasi a trentasei anni con la conquista del suo terzo scudetto, ritraggono un atleta un po’ appesantito nei lombi, con la faccia decisamente meno scavata, gli stessi occhi grandi, ma con un’espressione decisamente meno ingenua ed una capigliatura, ancora folta, molto più curata. Il colpo di reni di Albertosi, la palla in calcio d’angolo, mentre Seeler accompagna il gesto di stizza a un’espressione stridula e incompresa. Non mi ero reso conto di essermi allontanato così tanto dal palo: il pallone rimbalza a terra, mi scavalca, io mi limito a seguirlo appena, con sguardo di sufficienza, accenno ad allargare le braccia in un gesto rassicurante: niente paura, è sotto controllo, sta uscendo, ecco, ora va fuori. E’ anche dotato di un tiro rispettabile, non per niente nell’Alessandria lo lanciano come centravanti, ma “non ha scatto”, lo sentenzierà anni dopo anche Gianni Brera ed allora viene impostato da interno “anche se è debole di cassetta” dirà ancora Brera insistendo sulla sua costituzione gracile, e “non ha nerbo da vero interno”.

Gianni Brera -“l’atleta che gli assomiglia di più è Fausto Coppi”-. Non è una provocazione: se Fausto Coppi diventava armonioso ed entusiasmante solo sul “cavallo di ferro” della Bianchi, Rivera vi riesce solo quando ha il pallone al piede. In mano, in quelle foto, Gianni Rivera ha un microfono. Quel ragazzino, di cui al presidente Rizzoli sfuggiva il cognome e che Viani lo aveva convinto a comprare, si chiamava Gianni Rivera e di quei soldi spesi, Andrea Rizzoli, non si sarebbe mai pentito. Le prime foto di Rivera giocatore mostrano un ragazzino con il viso affilato e due grandi occhi intelligenti; è magro con due spallucce spioventi, ma possiede due gambe dalla muscolatura poderosa e ben disegnata, armoniosa addirittura. Mai. Sarà anche vero, Rivera non deve sfiancarsi, è il nostro Golden Boy, lui, deve mantenersi lucido, pronto per il tocco di genio. L’Este, nelle ultime stagioni, ha lanciato alcuni giovani interessanti: «Mastroianni e Lasagna, ora al Carpi, sono il nostro orgoglio ma sono molto fiducioso anche per la prossima stagione: non ho seguito in prima persona il mercato, tuttavia sono soddisfatto del lavoro di mister Michele Florindo e del vice-presidente Stefano Marchetti.